Borgo di Fiume nasce come albergo diffuso fedele al modello di ospitalità messo a punto da Giancarlo Dall’Ara, docente di marketing turistico, ma nato ancor prima in Carnia, nel 1982, all’interno di un gruppo di lavoro che aveva l’obiettivo di recuperare turisticamente case e borghi ristrutturati a seguito del terremoto degli anni ’70. L’albergo diffuso è stato riconosciuto in modo formale per la prima volta in Sardegna con una normativa specifica che risale al 1998. In Calabria è disciplinato dall’articolo 12, della legge 5 aprile 2008 n. 8 (Riordino dell’organizzazione turistica regionale).
Si tratta di una proposta concepita per offrire agli ospiti l’esperienza di vita di un centro storico potendo contare su tutti i servizi alberghieri, cioè su accoglienza, assistenza, ristorazione, spazi e servizi comuni per gli ospiti, alloggiando in case e camere che distano non oltre 300 metri dal “cuore” dell’albergo diffuso: lo stabile nel quale sono situati la reception e gli ambienti comuni.
Ma l’Albergo Diffuso è anche un modello di sviluppo del territorio che non crea impatto ambientale. Per dare vita ad un Albergo Diffuso infatti non è necessario costruire niente, dato che ci si limita a recuperare/ristrutturare e a mettere in rete quello che esiste già. Inoltre un AD funge da “presidio sociale” e anima i centri storici stimolando iniziative e coinvolgendo i residenti e i produttori locali, considerati come componente chiave dell’offerta.
L’albergo diffuso Borgo di Fiume trae il suo nome dall’artista Salvatore Fiume (1915-1997), uno dei protagonisti dell’arte del Novecento. Pittore, scultore, scrittore e scenografo, Fiume con il suo estro impreziosì il borgo di Fiumefreddo Bruzio con affreschi e sculture, facendo del borgo la sua residenza estiva dai primi anni Settanta fino ai suoi ultimi anni di vita. Un frangente in cui l’artista fece di Fiumefreddo un museo all’aperto, affrescando monumenti e chiese e lasciando opere scultoree ad impreziosire le piazze del paese e soprattutto il Castello, un rudere del ‘200 che con gli affreschi di Fiume rivive il suo splendore.
Borgo di Fiume non è solo un’esperienza in una residenza d’epoca.
L’idea nasce da Raffaele Leuzzi mosso dalla passione per i borghi che di professione fa l’oncologo e persegue la missione della prevenzione dei tumori costruendo un sistema di conoscenze ed esperienze attorno al “buon vivere, alla bellezza e al mangiare sano”. Leuzzi pone particolare attenzione al sociale. Il 20% degli utili sono devoluti alle attività sociali e solidaristiche dell’Associazione “Le donne scelgono” impegnata nella prevenzione del tumore della mammella, nella tutela dell’ambiente e nella promozione di una alimentazione sana e sostenibile.
Il bello, il buono e il sano sono infatti i principi su cui si fonda il progetto Borgo di Fiume.
É su questi principi che Raffaele Leuzzi adoperando le maestranze locali, ha recuperato e rivitalizzato dei luoghi restituendogli la dignità e la bellezza dei muri in pietra, delle travi e degli architravi che erano stati coperti e nascosti da intonaci e cemento e tra una pietra e l’altra ha riutilizzato la calce le cui proprietà e impiego si è persa negli ultimi 100 anni.
Buona parte degli edifici prima del 1900 sono stati costruiti con calce che è presente ancora nella stragrande maggioranza del nostro patrimonio storico. Oltre ad essere compatibile con l’edilizia storica, è assente di alcali solubili, è elastica e porosa e presenta ecologia di produzione, utilizzo e smaltimento.
Nell’abitare i piccoli centri, nell’abitare i borghi non vi è estraneità tra l’abitante e il luogo, come avviene nelle periferie delle città. La valorizzazione dei territori e di un patrimonio d’inestimabile bellezza architettonica è un’urgenza civile e serve a invogliare quei flussi turistici sensibili a visitare luoghi pieni di fascino con vantaggi sullo stesso sviluppo turistico. Ma bisogna partire dalla conoscenza e far riscoprire arte, architettura, cultura, tutela del paesaggio, enogastronomia e i piatti della tradizione locale, non tradendo una cucina che deve restare popolare e buona sia per l’ambiente che per la salute. Il rispetto del paesaggio significa proteggere i luoghi, significa terreni puliti. Terreni puliti si traduce in una agricoltura sana da cui cibo e vini più buoni e più sani.
(Raffaele Leuzzi)
La cooperativa di comunità
Alla base del progetto Borgo di Fiume c’è un movimento etico, tradotto in una cooperativa di comunità, costituita da cittadini e sostenitori della filosofia che sottende alla “vivibilità dei borghi”. Raffele Leuzzi e il suo staff composto da giovani residenti di Fiumefreddo Bruzio, coinvolti nella gestione dell’albergo diffuso, hanno dato vita alla cooperativa di comunità con l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini alle tematiche “di uno stile di vita sano” e per avere l’opportunità di realizzare progetti che hanno l’obiettivo di coinvolgere la comunità locale in percorsi di progettazione partecipata alla tutela del patrimonio ambientale.
La nascita della cooperativa ha tra gli obiettivi la valorizzazione delle tradizioni che rischiano di estinguersi. Grazie al lavoro congiunto dei soci della cooperativa si stanno riscoprendo caratteristiche della storia e della cultura del luogo che valorizzate possono favorire la nascita di una nuova economia, sostenendo i piccoli produttori, le famiglie, gli artigiani locali e dando vita al “turismo di comunità” che è l’unica strada percorribile per la salvaguardia del patrimonio culturale locale e grazie al quale non soltanto la collettività riceve un beneficio dal turismo, ma acquista anche consapevolezza del valore sociale e commerciale del proprio patrimonio naturalistico e culturale ed è stimolata alla sua conservazione.
Il turismo di comunità rappresenta uno dei nuovi approcci alla progettazione turistica.
Le case in pietra e i vicoli offrono sempre sorprese e la possibilità di riscoprire scenari emozionanti, da vivere con lentezza sostando in terrazze con splendide vedute panoramiche che sovrastano il mare. L’ignoranza del passato e dell’edificare tradizionale ha scardinato campagne, terreni, coste, alterando l’equilibrio tra uomo e natura. L’architettura moderna è distorta, dimentica i bisogni collettivi. Gli edifici sono spesso alveari inospitali, senza servizi e luoghi di incontro che favoriscono solo la dispersione. La metropoli ha sconfitto i paesini rendendoli desolati o abbandonati. Ci sarebbe molto da offrire a chi perennemente vive in fila dentro tangenziali e raccordi anulari delle grandi città.
(Raffaele Leuzzi)